IL TRIBUNALE
                          CONSIDERATO IN FATTO
    Con  distinti ricorsi al pretore di Milano, poi riuniti, i signori
 Antonia Cassanelli, Maria  Turdo'  Rosa,  Gianni  Rodilosso,  Saverio
 Siciliano,  Caterina  Alloggio,  Nadia  Broghenti,  Ivonne  De Zorzi,
 Francesco Merisio, Stefano Pianta, Anna Roli, dipendenti  della  soc.
 Esselunga,  esponevano  che  il  datore  di lavoro aveva riconosciuto
 utile, ai fini della maturazione degli scatti di anzianita', soltanto
 l'anzianita'  di servizio maturata dopo il compimento del ventunesimo
 anno  di  eta',  in  conformita'  a  quanto  previsto  dal  contratto
 collettivo  del  settore;  denunziando  la  nullita'  della  clausola
 collettiva di riferimento per contrasto con il principio inderogabile
 di  cui  all'art.  37  della  Costituzione,  anche  alla  luce  della
 giurisprudenza della Corte  di  cassazione,  chiedevano  che  venisse
 riconosciuto  il loro diritto alla maturazione degli scatti sin dalla
 data di assunzione, con condanna del datore di  lavoro  al  pagamento
 delle  relative differenze di retribuzione, debitamente quantificate.
    Si  costituiva  la  societa'  convenuta  contestando  la domanda e
 spiegando domanda riconvenzionale per la ripetizione  dell'indennita'
 di contingenza sulla quattordicesima mensilita'.
    Con  la sentenza n. 530 del 14 marzo 1988 il pretore accoglieva il
 ricorso considerando  nulla  la  clausola  del  contratto  collettivo
 applicata dal datore di lavoro; rigettava la domanda riconvenzionale,
 sulla base della considerazione di fondo secondo cui la norma di  cui
 all'art.  2  del  d.-l.  1›  febbraio  1977,  n.  12,  convertito con
 modifiche  nella  legge  31  marzo  1977,  n.  91,  non  deve  essere
 interpretata  come  inderogabilmente  impeditiva  del  computo  della
 contingenza nella quattordicesima mensilita'.
    Avverso  la  sentenza  interpone  la societa' Esselunga insistendo
 nelle tesi e domande di prime cure, sia  in  merito  alla  decorrenza
 degli  scatti e sia in merito al divieto di computo della contingenza
 sulla quattordicesima mensilita'.
    Gli appellati hanno chiesto la conferma della sentenza.
                       CONSIDERAZIONI DI DIRITTO
    1.  -  Riproponendo  in  appello  la  domanda  riconvenzionale  di
 condanna del dipendente alla restituzione delle somme  corrisposte  a
 titolo  di indennita' di contingenza sulla quattordicesima mensilita'
 dal 1977 in poi, la societa' rende necessario  che  il  Tribunale  si
 ponga le seguenti questioni:
       A)  la  ricostruzione del contenuto normativo dell'art. 2 della
 legge n. 91/1977 onde verificare - ai fini del successivo problema di
 cui  sub  B)  - se sia corretto affermare che tale articolo, vietando
 nella specie la corresponsione dell'indennita' di  contingenza  sulla
 14a mensilita', determini l'effetto di rendere accoglibile la domanda
 riconvenzionale dalla societa';
       B)  la  compatibilita'  di  tale contenuto normativo (nel senso
 prospettato dalla societa') con i principi costituzionali,  giudizio,
 questo, che il giudice ordinario puo' richiedere d'ufficio alla Corte
 costituzionale (art. 23, terzo comma della legge 11  marzo  1953,  n.
 87).
    La  dipendenza  della soluzione della domanda della societa' della
 soluzione del problema interpretativo  dell'art.  2  della  legge  n.
 91/1977    e    la    connessa    indagine    sulla    compatibilita'
 dell'interpretazione accolta con i principi costituzionali integra la
 condizione    di    rilevanza   della   questione   di   legittimita'
 costituzionale della norma da  applicare,  condizione  indispensabile
 per investire la Corte costituzionale del relativo problema (art. 23,
 secondo comma, della legge n. 87/1953).
    Si  osserva  che  non  incide  su tale rilevanza la tesi difensiva
 (subordinata) del dipendente secondo cui la legge n. 91/1977  sarebbe
 stata  abrogata  dalla  legge  26  febbraio 1986, n. 38, in quanto la
 domanda riguarda anche un periodo antecedente tale legge del 1986.
    2-  A). - L'arte 2 della legge n. 91/1977 (testo che si iscrive, a
 pieno   titolo,   nella    cosiddetta    "legislazione    lavoristica
 dell'emergenza":  il rilievo non e' privo di valenze interpretative),
 recita nella parte che qui specificamente  interessa:  "Inoltre,  gli
 effetti  delle  variazioni  del  costo della vita o di altra forma di
 indicizzazione su qualsiasi elemento della retribuzione  non  possono
 essere  computati  in  difformita'  della  normativa prevalente degli
 anzidetti accordi interconfederali e dai contratti del detto  settore
 per  i  corrispondenti  elementi  retributivi  e limitatamente a tali
 elementi".
    La  norma  in esame ha per oggetto della propria regolamentazione,
 testualmente, la materia dell'incidenza delle  variazioni  del  costo
 della  vita e di ogni altra forma di indicizzazione sui vari istituti
 retributivi.
    Nell'ampia formulazione letterale (variazioni del costo della vita
 e ogni altra forma di indicizzazione) e' compresa senza dubbio  anche
 l'indennita' di contingenza.
    Il  parametro  al  quale si fa riferimento per la regolamentazione
 che e' oggetto proprio della disposizione in esame  e'  la  normativa
 prevalente del settore industriale.
    I  testi  cui  fare riferimento per le relative informazioni sono,
 secondo il tenore letterale inequivoco della disposizione, tanto  gli
 accordi  interconfederali  sull'indennita'  di  contingenza  quanto i
 contratti collettivi del settore stesso.
    Il  contenuto  della  regolamentazione  consiste  nel limitare gli
 effetti della variazione del costo della vita e di ogni  altra  forma
 di  indicizzazione  (quindi anche della contingenza: vd. sopra) sugli
 elementi retributivi del settore  industriale  preso  a  parametro  e
 limitatamente a tali elementi.
    La  disciplina  prevalente  del settore industriale (giudicato nel
 1977 il massimo che potesse essere tollerato dal  sistema  economico;
 vd.  Relazione della XI commissione permanente del Senato sul disegno
 di legge n. 497 di conversione del d.-l. n. 12/1977) e' dunque  presa
 in esame anche per quanto riguarda quegli elementi della retribuzione
 sui quali e' possibile la proiezione degli  effetti  dei  sistemi  di
 variazione   del   costo   del  lavoro  e  di  ogni  altra  forma  di
 indicizzazione (quindi anche la contingenza; vd. sopra) e all'opposto
 -  sui quali non e' consentita la indicizzazione perche' non presenti
 nella  normativa  prevalente  del  settore  industriale  preso   come
 parametro.
    Tale interpretazione, imposta dal significato proprio delle parole
 secondo la connessione di esse (art. 12,  primo  comma,  delle  disp.
 prel. del cod. civ.) e' conforme anche al criterio dell'intezione del
 legislatore cui  si  richiama  il  secondo  inciso  del  primo  comma
 dell'art.  12  teste'  citato.  Tutti  i  lavori preparatori (si veda
 l'esordio del Relatore Romei alla seduta in Senato  del  16  febbraio
 1977)  rendono  inequivocabile  che  la  legge  n.  91/1977 ha inteso
 recepire, nelle linee fondamentali, gli accordi  interconfederali  26
 gennaio  1977 sul costo del lavoro e sulla produttivita'. Rispetto al
 contenuto di essi non e' vera la tesi  della  difesa  del  dipendente
 secondo  cui  in  tali  accordi non sarebbe stato neppure prospettato
 l'oggetto dell'incidenza della scala mobile su  particolari  elementi
 retributivi.  Al contrario, l'art. 2 di tali accordi prospetta che al
 fine di realizzare la eliminazione degli automatismi derivanti  dalla
 variazione  della  scala  mobile  sui prezzi di produzione o compensi
 salariali  equivalenti  o  emolumenti  aggiuntivi   aventi   analoghe
 caratteristiche,  in  sede  di  categoria  verranno definite le nuove
 normative dei premi o compensi che decorreranno dal 1› febbraio 1977.
 Rispetto  agli  accordi  interconfederali  in  parola non si e' avuto
 dunque da parte della legge n. 91/1977  un  travalicamento  oggettivo
 cioe'  di  materia  ma  esclusivamente  una modificazione del tipo di
 intervento per ottenere la regolamentazione di una materia  identica,
 nel  senso  che  al  prospettato  intervento  per  atto  di autonomia
 collettiva si e' sostituito un intervento per legge.
    Oltre  ad  una  connessione  specifica, va rilevata - tra legge n.
 91/1977 e accordi interconfederali citati -  una  relazione  generica
 quanto  a  finalita'.  Entrambi  si  pongono  in  una  prospettiva di
 riduzione del costo del lavoro attraverso una operazione che  tendeva
 ad   uniformare  i  trattamenti  retributivi  a  quelli  del  sistema
 industriale. Tale finalita' sarebbe stata frustata se, al  contrario,
 fossero  consentiti,  dalla  interpretazione della norma, trattamenti
 difformi da quelli presi a parametro.
    Si  puo'  dunque concludere che l'operativita' dello inciso finale
 dell'art. 2 della legge n. 91/1977 puo'  cosi'  riassumersi:  ad  una
 variazione   del   costo  della  vita  fa  riscontro  una  variazione
 dell'ammontare di un istituto retributivo se e nella  misura  in  cui
 cio'  sia  stabilito  dalla  prevalente  contrattazione  del  settore
 industria.  In  base  a  tale  disposizione  quindi  l'indennita'  di
 contingenza  non incide su quell'elemento sicuramente retributivo che
 e' la quattordicesima mensilita' se la quattordicesima mensilita' non
 e' presente nella prevalente contrattazione del settore industria.
    L'interpretazione  accolta dal Tribunale e qui esposta ai fini del
 rilevamento della condizione della  rilevanza  e'  del  resto  quella
 adottata e fatta propria dalla Corte costituzionale nella sentenza 23
 giugno 1988, n. 697.
    2-  B. - Quanto al punto di fatto costituito dalla circostanza che
 la prevalente contrattazione collettiva del settore  industriale  non
 prevede  la  quattordicesima  mensilita',  si  osserva  che  esso  e'
 incontroverso.
    La  societa'  ha  sempre  dedotto  -  sin  dal  primo grado - tale
 circostanza e il dipendente non l'ha espressamente  contestata.  Anzi
 tutto  il  dibattito  giudiziale  di  primo  grado  si  e' svolto sul
 presupposto che la prevalente disciplina del settore industriale  non
 prevede la quattordicesima mensilita'.
    3.   -  l'art.  36  cos.  oltre  ad  assicurare  una  retribuzione
 proporzionata alla qualita' e quantita' del lavoro, si impegna  -  in
 via di principio - a garantire che tale retribuzione sia in ogni caso
 sufficiente ad assicurare al  lavoratore  e  alla  sua  famiglia  una
 esistenza libera e dignitosa.
    Tendenzialmente,  quindi,  la norma ricordata prospetta il diritto
 ad un salario reale, intendendosi con tale termine,  sostanzialmente,
 l'idoneita'  del  salario  nominale (espresso in denaro) ad acquisire
 quei beni intermedi e strumentali, di vario genere  e  qualita',  dai
 quali  discende  il soddisfacimento del bisogno finale (una esistenza
 libera e dignitosa).
    Le  continue  modificazioni  in  senso  ascendente  del  valore di
 scambio dei beni intermedi e strumentali, espresse  nell'aumento  del
 prezzo   degli   stessi,   ha   sempre   reso   attuale  il  problema
 dell'adeguamentodelle retribuzioni del lavoratore dipendente al costo
 della vita.
    Storicamente  lo  strumento per adeguare i salari al mutamento del
 potere d'acquisto del denaro per l'aumento dei prezzi dei beni,  puo'
 essere   attuato   o  con  sistemi  di  correzione  automatica  delle
 retribuzioni  (indicizzazione  dei  salari)  ovvero   con   procedure
 periodiche di (ri)contrattazione dei salari stessi.
    Il  nostro ordinamento attua un sistema misto astrattamente ideale
 ad associare alla funzione di "ammortizzatore delle tensioni sociali"
 del  metodo  di  indicizzazione, la conservazione del ruolo sindacale
 che  si  esprime  nella  contrattazione  periodica  dei   trattamenti
 salariali.
    Nel   nostro   ordinamento   l'indicizzazione  (e  cioe'  uno  dei
 concorrenti sistemi di salvaguardia del salario reale) e' attuata  in
 linea  generale  -  dalla  scala  mobile  sulla  contingenza che trae
 origine dal d.l.l. 1› agosto 1945, n. 692, e attraverso numerosi atti
 di  autonomia  collettiva  sfocia  nell'accordo  interconfederale  25
 gennaio 1975 che istituisce il punto unico di contingenza.
    Queste  sommarie  indicazioni  consentono di affermare senza alcun
 dubbio che l'indennita' di contingenza:
       a)   dal   punto   di  vista  del  sinallagma  contrattuale  e'
 retribuzione in senso proprio;
       b)  dal  punto  di  vista  funzionale costituisce uno strumento
 essenziale per garantire l'osservanza del precetto costituzionale che
 vuole che la retribuzione sia sufficiente ad assicurare al dipendente
 e alla di lui famiglia una esistenza libera e dignitosa.
    Per  quella  parte  di variazione del costo della vita coperta dal
 sistema  di  scala  mobile,  infatti,  il  lavoratore  e'   garantito
 automaticamente e comunque in virtu' della convenzione sulla quale il
 sistema e' fondato.
    4.  -  Una  norma  di  legge  che intervenga, senza limitazioni di
 tempo,  sull'indennita'  di  contingenza  bloccandone  le  variazioni
 positive  o  limitando i suoi effetti ad una parte della retribuzione
 dovuta al lavoratore dipendente, non puo' non suscitare seri sospetti
 di  incostituzionalita'  per  violazione  della  gia' ricordata norma
 dell'art. 36 della Costituzione.
    E  per  tale  aspetto non e' manifestamente infondata la questione
 della sua legittimita' costituzionale.
    Tali  tipi di intervento si pongono innanzitutto in contraddizione
 di principio con il precetto sopra ricordato. Essi ipotizzano infatti
 -  con  la loro assenza di limite temporale di efficacia, una irreale
 situazione di fatto in cui il bene finale  integrale  assicurato  dal
 precetto  costituzionale  avrebbe  sempre  lo  stesso  costo  per  il
 lavoratore  dipendente.  La  contraddizione  di  principio  e'  tanto
 evidente  che  lo  stesso  legislatore  della  legge n. 91/1977 aveva
 previsto originariamente - come e' noto -  che  il  provvedimento  in
 questione  avesse  durata  temporalmente  limitata.  Tale  originario
 disegno svelava da un lato la consapevolezza dell'irragionevolezza di
 interventi  comunque diretti a limitare gli effetti della contingenza
 e dall'altro individuava la ragionevolezza di tali  interventi  nella
 presenza   di   situazioni  eccezionali  e  quindi  ne  postulava  la
 sostanziale  temporaneita',   correlabile   alla   permanenza   della
 situazione eccezionale giustificatrice.
    Questa  Corte  ha gia' del resto chiarito come la modificazione di
 uno stato di fatto, stato di fatto assunto per la sua  importanza  ed
 eccezionalita'  a  condizione  giustificatrice  di  una  norma, possa
 determinare una diversa valutazione di tale norma  sotto  il  profilo
 costituzionale  allorquando cessi la causa eccezionale che tale norma
 giustificava (Corte cost. 12 aprile 1989, n. 181).
    Nella specie sottoposta all'esame dell'ecc.ma Corte costituzionale
 e' fondatissimo il dubbio - da parte del tribunale remittente  -  che
 le  ragioni  economiche  che  mossero  il  legislatore  a bloccare la
 indennita'  contingenza  sulla  quattordicesima  mensilita',  ragioni
 individuabili nella crisi del sistema produttivo verificatasi intorno
 all'anno  1977  (e  non  a  caso  responsabili  di  una  legislazione
 lavoristica di emergenza, come, ad esempio, i seguenti testi:
      1) d.-l. 11 ottobre 1976, n. 699, convertito con modifiche nella
 legge 10 dicembre 1976, n. 797, in tema  di  conversione  in  Bot  di
 parte dell'indennita' di contingenza;
      2)  legge  23  maggio  1977,  n.  266,  modificativa  del regime
 giuridico del contratto a termine;
      3) d.-l. 3 dicembre 1977, n. 876, convertito con modifiche nella
 legge 3 dicembre 1978, n. 18, in materia di contratto a  termine  nel
 commercio e nel turismo;
      4) d.-l. 7 febbraio 1977, n. 15, convertito nella legge 7 aprile
 1977, n. 102, sul contenimento del costo del lavoro;
      5)   legge   12   agosto   1977,  n.  675,  sulla  riconversione
 industriale;
      6)  d.-l.  30  marzo 1978, n. 80, convertito con modifiche nella
 legge 26 maggio 1978, n. 215, nonche' d.-l. 13 dicembre 1978, n. 795,
 convertito  nella  legge 9 febbraio 1979, n. 36, (sulla mobilita' dei
 lavoratori),  siano  venute  meno  nel  tempo,  provocando  cosi'  la
 sopravvenuta  incompatibilita'  dell'art.  2  della  legge n. 91/1977
 (nella  parte  denunciata  dall'ordinanza)  con   l'art.   36   della
 Costituzione  in  quanto  norma ordinaria impeditiva della attuazione
 della norma costituzionale.
    5.  - Un ulteriore profilo di non manifesta infondatezza si rileva
 riflettendo sulla natura strettamente  retributiva  delle  mensilita'
 aggiuntive  (tra  le  quali la quattordicesima) e sul tipo di effetto
 prodotto dall'art. 2 della legge n. 91/1988 nel punto in cui  esclude
 l'incidenza della contingenza sulla quattordicesima.
   E'    noto    che   le   mensilita'   aggiuntive   (tredicesima   e
 quattordicesima) costituiscono, nell'ambito dei  rapporti  di  lavoro
 per  i  quali sono previste, vera e propria retribuzione, vale a dire
 compenso  per  l'opera  prestata  nell'arco  di  tempo  correttamente
 considerabile  secundum rerum naturam (l'anno). Cio' significa che la
 retribuzione dovuta a quel dipendente  nell'anno  di  prestazione  e'
 globalmente   la   retribuzione   quale  risulta  dalla  somma  della
 retribuzione dovuta per i mesi di calendario piu' quella  dovuta  per
 le  mensilita'  aggiuntive  (convenzionali rispetto alla durata reale
 dell'anno).
    Cio'  e'  tanto  vero  che  nei  casi  di  cessazione del rapporto
 all'interno del periodo annuale,  le  mensilita'  aggiuntive  vengono
 attribuite per "ratei" in funzione del tempo reale di prestazione del
 lavoro.
    Ed  allora  l'esclusione  dell'incidenza  della  contingenza sulla
 quattordicesima mensilita' e' qualificabile - teoricamente - non come
 riduzione  del  valore  della  contingenza  ma come esclusione di una
 parte della retribuzione ordinaria dalla tutela della indicizzazione.
    Ed   allora  e'  ravvisabile  un  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione  perche'  a  differenza  dei  lavoratori   del   settore
 industria,   per   i   quali   l'indicizzazione  opera  su  tutta  la
 retribuzione ordinaria, una parte cospicua di lavoratori  subordinati
 (quelli del settore commercio) viene trattata in modo diverso.
    Non   sembra  al  Tribunale  remittente  che  sia  obbiettivamente
 rilevabile tra lavoratori dell'industria e lavoratori  del  commercio
 una  diversita'  di situazioni tale da giustificare la violazione del
 principio di parita' espresso dall'art. 3 della Costituzione.
    In  primo luogo i settori messi a confronto ragguppano categorie e
 posizioni lavorative che  sono  -  pur  nelle  diversita'  funzionali
 correlati  alle  diverse  esigenze  dei due settori - sostanzialmente
 omogenee  tra  loro.  Non  e'   possibile   rinvenire   nel   settore
 discriminato  un'area  investita  da  privilegio istituzionalizzato o
 sottoposto a normative legali caratterizzanti.
    In  secondo  luogo e' di comune esperienza che le retribuzioni del
 commercio sono in genere piu' basse delle  retribuzioni  del  settore
 industria per gli inquadramenti corrispondenti o affini. Cio' - se da
 una parte esclude l'esistenza di una diversita'  che  ragionevolmente
 giustifichi   un  trattamento  diversificato  e  deteriore  in  punto
 contingenza  -  induce  a  ritenere  come  molto  probalile  che   la
 corresponsione  della  quattordicesima  abbia  avuto,  per il settore
 commercio, una finalita' essenzialmente perequativa  del  trattamento
 economico globale.
    Ad  identiche  conclusioni  circa  la violazione dell'art. 3 della
 Costituzione  si  perviene  anche  se  si  ipotizzasse  -  contro  la
 struttura normativa degli istituti fin qui considerati - che la norma
 qui denunciata riduca la entita' della contingenza  pur  considerando
 tutta   la   retribuzione.   Anche   questa  forzata  interpretazione
 colliberebbe con l'art. 3 della Costituzione  in  quanto  verrebbe  a
 legittimare  (senza ragione: vd. sopra) un trattamento di contingenza
 diversificato e deteriore  per  una  parte  rilevante  di  lavoratori
 subordinati  (settore  commercio)  rispetto  a  quello  riservato  ai
 lavoratori dell'industria.